Che fine ha fatto la dieta mediterranea?

Novembre 2024                    SPIGOLATURE        A cura di Livio Carati

 

La Giornata Mondiale dell’Alimentazione che si celebra ogni anno il 16 Ottobre ci offre lo spunto per ritornare ad approfondire un argomento che recentemente  abbiamo   già trattato in questa nostra rubrica , cioè  che  l’ alimentazione, poco salutare, diffusa anche in Italia, è la principale causa di molte malattie dell’età  moderna. La FAO, Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, ci ha ricordato che il diritto al cibo è un diritto umano fondamentale, sancito a livello internazionale. Ma, assicurare unicamente un’adeguata apporto energetico per la sopravvivenza non è sufficiente. Riconoscere tale diritto, infatti, implica anche garantire un’alimentazione bilanciata, caratterizzata da un’ampia varietà di alimenti, facilmente accessibili e sicuri, in grado di fornire tutti i nutrienti necessari.                Basti ricordare che, oggi nel mondo circa 2,8 miliardi di persone non hanno ancora accesso ad un’alimentazione adeguata ai propri fabbisogni per condurre una vita in salute. Alla luce del delicato momento storico dettato anche dai conflitti armati in corso, il numero di persone con privazione cronica di cibo è in aumento, tanto che la malnutrizione per difetto rappresenta ancora oggi un problema drammatico. Negli ultimi decenni si è però assistito anche ad un rapido incremento della malnutrizione per eccesso, con la conseguente crescente insorgenza di malattie croniche, in particolare quelle legate ai disturbi metabolici, al sovrappeso e all’obesità. Infatti, in tutto il mondo, circa 2,5 miliardi di adulti sono in sovrappeso.  D’altro canto con la pandemia e la rivoluzione green, si avverte sempre di più la necessità di rivoluzionare il modo di produrre e consumare il cibo. Si sente infatti parlare molto spesso di diete sostenibili. Senza scomodare vegani, vegetariani o la nuova   moda dei cosiddetti climatariani, cioè quelli che tramite le scelte alimentari intendono combattere il cambiamento climatico, chiediamoci se la sana e celebrata Dieta Mediterranea esiste ancora e se le popolazioni mediterranee, in particola modo in Italia, dove è nata ed è stata studiata, la seguono. È poco consolante constatare che la Dieta Mediterranea è adottata particolarmente nei Paesi nordici, in particolar modo in Svezia. Ma cosa è successo nei paesi, che sono stati la culla della Dieta Mediterranea, in Grecia, Spagna e soprattutto in Italia? La Dieta Mediterranea è un modello alimentare, basato su varietà e stagionalità, caratterizzato da un elevato apporto di frutta e verdura, cereali (specie se integrali), legumi, olio d’oliva e frutta secca; da un moderato consumo di pesce, carne bianca, uova, latte e derivati e, infine, da un consumo limitato di carne rossa e dolciumi.

Il modello mediterraneo si accompagna anche ad abitudini e stili di vita caratterizzati da frugalità, convivialità e condivisione dei pasti, rispetto per il territorio e la biodiversità, stretto legame tra produzione delle materie prime e tradizione.  Ricordiamo che, per le sue caratteristiche uniche, nel 2013 la Dieta Mediterranea è stata nominata dall’Unesco Patrimonio culturale immateriale dell’Umanità poiché in grado di beneficiare la salute, favorendo allo stesso tempo la produzione di cibo a basso impatto ambientale e la conservazione della biodiversità.  Tutti noi, per il solo fatto di essere Italiani, pensiamo di seguirla, ma in che modo, per quanti giorni a settimana, con quale alternanza? La risposta è: quando capita. Perché oggi ci capita più spesso, per motivi vari (il tempo è in cima alla lista) di mangiare più dolci, cibi spazzatura e bevande gassate e zuccherate che stanno cannibalizzando il resto dei cibi su cui si basa la dieta tipica dei paesi del Mediterraneo. Tra gli errori più frequenti, la scelta di frutta e verdura fuori stagione, il consumo di snack e succhi, che sono poveri in fibre e ricchi di zuccheri raffinati. Al contrario, la chiave di volta per vivere di più ed evitare malattie croniche è adottare stili alimentari più semplici, basati su cibi freschi e non processati, locali e coltivati in modo sostenibile. Ovvero occorre tornare ai sani principi della Dieta Mediterranea e abbandonare le diete non salutari che sono una delle principali cause di morte per malattie non trasmissibili. Molte delle vittime di queste diete sono legate a un marketing aggressivo, all’ eccesso di zuccheri e grassi. Di mezzo non c’è solo la comodità di reperibilità di questi prodotti ma anche il prezzo. Il junk food spesso costa di più, ma impegna meno. Senza parlare poi dello spreco alimentare che queste diete generano. La recente letteratura scientifica, infatti, mostra un generale allontanamento dai modelli alimentari tradizionali nelle popolazioni mediterranee. Anche i fenomeni dell’urbanizzazione e dell’industrializzazione hanno contribuito a una vera e propria transizione nutrizionale, caratterizzata da uno scostamento sempre più marcato da tale modello dietetico. Dai dati di una recente indagine denominata Arianna (aderenza alla dieta mediterranea in Italia), condotta dall’Istituto Superiore di Sanità, diffusi il 16 Ottobre in occasione della Giornata Mondiale dell’Alimentazione , è emerso che solo il 5% degli italiani segue la Dieta Mediterranea in modo completo, mentre la stragrande maggioranza si attesta su un livello moderato e che le  donne ‘under 40’, gli studenti, i disoccupati, i vegani e i vegetariani sono i più attenti a seguire questo modello alimentare. Inoltre l’aderenza alla Dieta Mediterranea è particolarmente scarsa da parte di chi lavora a tempo pieno in quanto, trascorrendo più tempo fuori casa, ha meno momenti a disposizione per la preparazione dei pasti.