Marzo 2022 SPIGOLATURE A cura di Livio Carati
È passata appena una settimana da quando il presidente russo Vladimir Putin ha lanciato una guerra non provocata e ingiustificata contro l’Ucraina e già si è rivelata una cattiva scelta. Visto l’andamento del conflitto, Putin si ritrova attualmente nella posizione inaspettata e scomoda di dover intensificare lo sforzo bellico o affrontare quella che potrebbe essere addirittura una sconfitta. Questo dimostra che Putin ha sottovalutato tutti gli attori principali di questo scenario globale. Alla luce delle divisioni politiche americane che lui stesso ha contribuito ad alimentare, insieme all’ignominioso ritiro degli Stati Uniti dall’Afghanistan dello scorso agosto, sembra infatti che Putin ritenesse che l’amministrazione Biden non sarebbe stata in grado, né disposta, a rispondere efficacemente alla sua minaccia di invadere l’Ucraina. Invece, gli Stati Uniti hanno reso pubblici i piani di Putin, condiviso informazioni con i propri alleati e partner e costruito una potente coalizione per rispondere all’aggressione russa. Ha inviato in Ucraina ingenti equipaggiamenti militari, ha organizzato e attuato sanzioni multilaterali senza precedenti e ha rafforzato la NATO. Per quanto riguarda la Germania, Putin aveva scommesso che la nuova leadership tedesca non sarebbe stata disposta a difendere l’Ucraina, ma il cancelliere Olaf Scholz ha risposto in modo ammirevole: la Germania ha sospeso la certificazione del Gasdotto Nord Stream II, che attraversa l’Ucraina, ha aderito alle sanzioni economiche, ha inviato armi all’Ucraina e ha annunciato un aumento significativo della sua spesa per la difesa. Persino la Svizzera abbandona la sua storica neutralità e ha deciso di bloccare i conti degli oligarchi russi. La Turchia sembra pronta a negare l’accesso al Mar Nero alle navi da guerra russe. L’Unione Europea ha finanziato la consegna di armi all’Ucraina e ha chiuso il suo spazio aereo ai voli russi. Anche l’illiberale Ungheria è critica nei confronti dell’invasione russa. L’Ucraina, per la quale Putin ha espresso il suo totale disprezzo, si è alzata, organizzando una difesa efficace, anche per il generoso contributo della popolazione attiva. Il presidente Volodymyr Zelensky ha suscitato l’ammirazione del paese e di gran parte del mondo. Tutto ciò ha fatto in modo che l’avanzata russa procedesse molto più lentamente del previsto e con ingenti perdite umane. La guerra in corso viola la più elementare delle norme internazionali, cioè che la sovranità nazionale deve essere rispettata e i confini non possono e non devono essere modificati con la forza militare. Il rispetto di questa norma è la differenza tra ordine mondiale e anarchia E l’ordine è come l’ossigeno: non lo vediamo e lo diamo per scontato fino a quando non ce n’è abbastanza. Tutto ciò significa che la auspicabile sconfitta di Putin allontanerebbe quello che potrebbe essere un nuovo scenario molto più pericoloso delle relazioni internazionali, caratterizzato da meno libertà, conflitti più frequenti e una proliferazione più diffusa di armi convenzionali e nucleari. Se Putin avesse successo in Ucraina, difficilmente si fermerebbe. Alcuni altri paesi, in particolare la Cina, sarebbero tentati di seguirne l’esempio e usare la forza per realizzare i loro obiettivi. Il problema può derivare da ciò che la frustrazione e la paura del fallimento di Putin potrebbero spingerlo a fare. Ha già fatto minacce nucleari e ha messo le risorse nucleari in uno stato di preallerta. Potrebbe sperare che questo spaventi l’Occidente o l’Ucraina, o entrambi, inducendoli a ritirarsi. Quando diventerà chiaro che questa minaccia non avrà successo, Putin potrebbe essere tentato di fare un’altra cattiva scelta. Le opzioni includono: attacchi militari convenzionali ancora più indiscriminati su obiettivi civili in Ucraina, massicci attacchi informatici contro l’Occidente, allargamento della guerra a uno o più paesi della NATO o introduzione di armi chimiche, biologiche o persino nucleari. Ciò che rende tutto questo fin troppo plausibile è che Putin è diventato in Russia un uomo solo al comando. Ha smantellato la maggior parte dei controlli e dei contrappesi all’interno del sistema russo, ha lanciato questa guerra contro l’Ucraina senza alcun sostegno pubblico e con poca o nessuna consultazione con gli altri. Quindi cosa dovrebbero fare gli Stati Uniti e gli altri partner occidentali? La cosa più importante è mantenere alta la pressione, sia sul terreno (rafforzando la capacità dell’Ucraina di respingere l’invasione russa) sia con sanzioni economiche addizionali. È necessario perciò trasmettere messaggi chiari al governo russo in merito alla specifica rappresaglia che la Russia potrebbe aspettarsi se la guerra dovesse intensificarsi. La promessa di futuri procedimenti giudiziari e riparazioni per crimini di guerra dovrebbe far parte del prezzo da pagare. Idealmente, queste minacce credibili dovrebbero dissuadere Putin dall’intraprendere tali azioni o spingere le persone all’interno del sistema ad agire contro di lui. Si spera che i crescenti segni di opposizione del popolo russo alle azioni del suo governo aumenteranno la pressione su Putin per ridurre le perdite sue e del suo paese. Ma per fortuna c’è un’altra via d’uscita: I colloqui tra Russia e Ucraina appena iniziati al confine tra Ucraina e Bielorussia. Il governo ucraino ha l’incentivo al compromesso per offrire alla Russia una via di uscita diplomatica che non sacrifichi gli interessi e i diritti fondamentali dell’Ucraina e eviti ulteriori morti e devastazioni. Putin da parte sua ha l’incentivo a scendere a compromessi per evitare un esito che minacci il suo governo e il futuro del Paese e suo personale. Nel frattempo, mentre nelle principali città ucraine continuano a risuonare lugubri gli allarmi delle sirene antiaeree e le armate di Putin avanzano stringendo in una morsa le principali città, la solidarietà, la generosità e il coraggio della popolazione ucraina sono sotto gli occhi di tutto il mondo. In Russia l’opposizione interna e le proteste della popolazione, soprattutto quella più giovane, mostra sempre più la distanza con l’oligarchia al potere e il suo leader che ha trascinato il paese in una guerra cui lui solo è interessato. Nel frattempo il rublo è crollato lasciando nelle tasche dei russi solo carta straccia con i costi alle stelle dei generi di prima necessità. Un’ ultima annotazione riguarda l’Europa che si è ricompattata, mettendo da parte gli egoismi nazionali e mettendo in campo tutte le risorse necessarie. Malgrado ciò la diplomazia non è riuscita a prevenire questa guerra; la domanda è se ora può farla finita.
Traduzione e adattamento di Livio Carati da un articolo di Richard Haass, Presidente del Council on Foreign Relations, pubblicato su Boston Globe del 28 Febbraio.