Febbraio 2022 SPIGOLATURE A cura di Livio Carati
La conoscenza medica e il senso comune hanno da sempre saputo che le malattie, e in particolare le epidemie, possono comparire improvvisamente in una popolazione, rimanervi per periodi più o meno lunghi, ed eventualmente scomparire, per riemergere una o più generazioni più tardi. Trasportate dalle navi, dalle carovane o dagli eserciti, le epidemie come la peste, il vaiolo, il tifo, la sifilide colpivano città e campagne, decimavano le popolazioni e gli eserciti, cambiando spesso il corso della storia. Nell’ignoranza delle cause specifiche di queste malattie, che saranno chiarite solo alla fine dell’Ottocento, gli unici metodi di lotta erano basati sulla prevenzione e sull’isolamento per impedire la diffusione del contagio. A partire dal XVIII secolo, per ragioni sociali (la crisi demografica, la rivoluzione agricola ed industriale) e culturali (il secolo dei Lumi, delle riforme e delle rivoluzioni) la medicina e le altre professioni sanitarie ampliano il loro campo di azione, non interessandosi solo ai singoli malati, ma iniziano a sentire una responsabilità nei confronti della società nel suo complesso. Ogni atto medico viene di conseguenza valutato per i suoi effetti sul malato, ma anche per le sue conseguenze sulla intera società. Alcune pratiche di prevenzione, in particolare l’inoculazione del vaiolo e poi la vaccinazione introdotta da Edward Jenner (1749-1823) nel 1796, a partire dalla fine del Settecento vengono rese obbligatorie in molti paesi a partire dall’epoca napoleonica. Misure di prevenzione efficaci vengono anche introdotte in questo periodo contro il tifo negli eserciti, mediante campagne in favore della pulizia degli abiti e dei letti, e contro lo scorbuto sulle navi, grazie all’introduzione del succo di limone nella dieta dei marinai. Gli sconvolgimenti della rivoluzione industriale, che è stata una pietra miliare del progresso umano, ebbero all’inizio un effetto devastante a causa dell’esodo dalle campagne verso città inospitali e invivibili, delle condizioni di lavoro, della carenza di cibo, dello sfruttamento delle donne e dei bambini. Solo verso la fine dell’Ottocento l’adozione di legislazioni sanitarie nei vari paesi, l’aggregazione e le lotte dei lavoratori e l’avvio del risanamento urbano poterono stimolare la creazione di condizioni di un maggiore benessere. Aumenta pertanto anche la diffusione dell’informazione, grazie alla stampa di opuscoli di formato tascabile, e con un linguaggio semplice, che i cittadini possono prendere e leggere facilmente. Questo riguarda tutti i gesti da fare in ogni situazione, come nel caso di presenza di infezioni, o di piccole ferite, dei consigli su come sterilizzare degli alimenti per i neonati e di come far bollire l’acqua per evitare le infezioni. La rivoluzione di Pasteur (1822-1895), con la scoperta dei batteri come causa delle malattie infettive cambia completamente il quadro dell’igiene. Lo sviluppo della microbiologia produce, a partire dalla seconda metà del XIX secolo, una rivoluzione al tempo stesso medico-scientifica e sociale: si stabilisce un legame diretto e causale fra condizioni igieniche e sanitarie dell’ambiente di vita e la diffusione degli agenti responsabili delle malattie. I risultati di questa «medicalizzazione sociale» sono il rapido sviluppo in molti stati europei di una nuova legislazione di sanità pubblica, la istituzione di regole di profilassi generalizzata contro le malattie epidemiche ed endemiche. A partire dalla fine dell’Ottocento nella società moderna alle tre M del triangolo ippocratico: Malattia-Malato-Medico, si sostituiscono progressivamente le tre S, che costituiscono il nucleo della medicina sociale: Sanità, Salubrità, Sicurezza. La Sanità è l’insieme delle condizioni e delle iniziative, individuali e collettive, che permettono di combattere una malattia, legata alla costituzione biologica e/o alle abitudini di vita; la Salubrità invece presuppone l’assenza della malattia in un dato ambiente, mentre la Sicurezza mira all’eliminazione delle malattie. Questo porta nei paesi industrializzati ad una drammatica riduzione dell’impatto delle malattie infettive, il cui ruolo epidemiologico diventerà, dopo la seconda guerra mondiale e lo sviluppo degli antibiotici, praticamente marginale rispetto alle altre malattie degenerative, come il cancro e le malattie cardio-circolatorie. Come conseguenza di questo cambiamento concettuale e di aspettative, si è creata così una sorta di ‘illusione tecnologica’, cioè l’idea che si possa trovare una soluzione tecnica efficace per ogni problema ed eliminare dall’ambiente come dall’interno nel corpo, tutti i possibili fattori negativi, tutte le diverse cause di malattia, dai germi ai geni malati. Il naufragare di questa illusione tecnologica ,prodotta , a partire dagli anni ’80, dall’emergere della pandemia di AIDS e di altre malattie infettive gravi, l’ultima delle quali è il Covid-19, ha prodotto uno shock di grandi dimensioni nella popolazione e tra i responsabili della sanità. Di qui l’emergenza di nuove paure e la spinta alla ricerca di una sicurezza che si vorrebbe totale, anche a rischio di sopprimere libertà e diritti. Lo choc provocato da queste nuove emergenze è stato grande, tanto grande da far riapparire gli spettri atavici delle pestilenze, come avvenne probabilmente per la pandemia di ‘influenza spagnola’ che uccise fra il 1918 e il 1919, alla fine della Prima Guerra Mondiale, almeno venti e forse cinquanta milioni di persone, il doppio delle vittime della guerra. Le malattie infettive, essendo niente altro che il risultato di una relazione biologica fra esseri viventi, sono quindi fenomeni essenzialmente storici, parte della storia evolutiva della biosfera. L’analisi storica ed epidemiologica mostra che questi avvenimenti sono sempre legati a modifiche profonde della organizzazione sociale delle popolazioni umane, a grandi trasformazioni ecologiche ed economiche. A differenza della “spagnola”, nel caso del Covid-19, la rapida identificazione clinica e la caratterizzazione epidemiologica della pandemia è stata possibile solo grazie all’esistenza negli Usa e in Europa di centri di ricerca e clinici altamente specializzati. Paradossalmente, a dispetto della straordinaria efficacia e rapidità nella ricerca delle soluzioni, uno dei problemi è esattamente questo, in quanto le conoscenze e le strutture sanitarie per la sorveglianza, la rapida identificazione ed eventuale isolamento di esplosioni epidemiche non sono oggi disponibili là dove sarebbero necessarie, cioè nei paesi in via di sviluppo, dove maggiori e più drammatici sono i cambiamenti economici, sociali ed ecologici. Il fenomeno delle malattie nuove o emergenti non è certamente nuovo, in quanto tutte le grandi epidemie del passato ,al momento delle loro prime manifestazioni ,erano certamente malattie nuove, dovute o a un nuovo patogeno o più spesso al passaggio di un agente causale da un’altra popolazione o da un’altra specie. Tuttavia, il fenomeno sembra esserci accentuato a partire dagli ultimi due decenni del ventesimo secolo, quando l’esperienza tragica della pandemia di AIDS ha suscitato il timore che altre forme di malattie infettive potessero emergere e provocare gravi pandemie. Oggi, per fortuna con conoscenze scientifiche, risorse economiche e politiche sanitarie incomparabilmente maggiori di quelle di un secolo fa, ci troviamo ancora una volta ad affrontare su scala globale gli stessi rischi a causa di un diverso agente patogeno, che probabilmente con le stesse modalità è stato trasmesso all’uomo da un’altra specie. Concludiamo con le parole dello stesso Pasteur (da un saggio sull’attenuazione sperimentale della virulenza del virus dei polli) che descrivono chiaramente il fenomeno attraverso il quale, molto probabilmente, è avvenuta la sequenza di eventi che ha portato alla nascita di questo nuovo flagello per l’umanità che è l’infezione da SARS-CoV-2 (Covid-19 è il nome della malattia associata al virus),
“Cos’è un organismo microscopico inoffensivo per l’uomo o per un determinato animale? È un essere che non può svilupparsi nel nostro corpo o nel corpo di questo animale; ma niente prova che, se questo essere microscopico dovesse penetrare in un’altra delle mille e mille specie della creazione, non potrebbe invaderlo e renderlo malato. La sua virulenza, rinforzata allora grazie ai passaggi successivi nei rappresentanti di questa specie, potrebbe divenire capace di raggiungere tale o tal altro animale di grande taglia, certi animali domestici o l’uomo. Con questo metodo, si possono creare virulenze e contagi nuovi. Sono portato a credere che è in questo modo che sono comparsi, attraverso le ere, il vaiolo, la sifilide, la peste,”.